Romanzo di una strage

Italia, anni ’60, Pinelli il ferroviere, anarchico di vecchio corso, é come un padre per gli attivisti del circolo ponte della ghisolfa. Vive la propria vita in equilibrio tentando di tenere a bada la fazione piú estremista del gruppo ispirata dal facoltoso anarchico Feltrinelli e sopportando i continui interrogatori del Commissario Calabresi.

Pinelli (Pierfrancesco Favino) e Calabresi (Valerio Mastandrea) all’interno della libreria di Feltrinelli.

Negli anni sembra essersi instaurato un rapporto di rispetto – se non di fiducia – tra i due antagonisti, molto bella la scena nella libreria fondata dall’anarchico Feltrinelli in cui si scambiano un libro (anche nella relatá Pinelli donó un libro a Calabresi, il quale ricambió tempo dopo).

Dall’altra parte della barricata ci sono i gruppi fascisti (e i servizi di sicurezza che li finanziano) che compiono stragi in tutta Italia affiggendo volantini anarchici di rivendicazione per addossare a loro la colpa. L’obiettivo é permettere al governo di dichiarare lo stato di emergenza nazionale e buttare le basi di un golpe come quello avvenuto poco prima in Grecia. Fortunatamente il presidente del consiglio Rumor, su consiglio di Aldo Moro, non ha mai voluto proclamare lo stato di emergenza rendendo vani questi attentati.

L’esplosione della banca

Il fulcro della storia é stata la bomba piazzata nella Banca dell’Agricoltura di Milano, fatto conosicuto come “strage di piazza Fontana” avvenuto alle 16:37 del 12 dicembre ’69. Da qui partono i rallestramenti di anarchici per tutta Milano e di vari esponenti di spicco in tutta Italia. I sospettati – tra cui informatori e agenti infiltrati – vengono interrogati per ore, giorni per poi venir rilasciati. La sera del 15 dicembre nel commissariato rimangono solo due anarchici, di cui uno é Pinelli, provato dopo due giorni di interrogatori condotti dal commissario Calabresi, interrogatorio che rasentó la tortura viste le tecniche di privazione del sonno a cui era stato sottoposto.

Una fase dell’interrogatorio di Pinelli

Ad un certo punto dell’interrogatorio si vede Calabresi che esce dalla stanza mentre Pinelli ha una discussione con gli altri agenti rimasti nella stanza. La scena successiva Pinelli é disteso sul selciato sotto la finestra della questura senza facendo capire cosa sia successo. Da li partono le indagini per capire cosa sia successo. Molti indicano Calabresi come responsabile ma lui si difese dicendo che in quel momento era assente e querelando i giornali per diffamazione.

L’odio contro Calabresi é diffuso negli ambienti anarchici e Calabresi dovette sopportare scritte sui muri, telefonate e lettere minatorie. L’ultima scena del film é la morte di Calabresi, ammazzato una mattina fuori da casa sua.

Non é mai stata accertata la realtà, ad oggi le uniche sentenze sono quelle che han liquidato la morte di Pinelli come “malore attivo” – sentenza che lascia molti dubbi – mentre sono stati condannati gli omicidi di Calabresi. L’argomento é molto spinoso, ancora oggi muove dibattiti e anche recentemente sono uscite nuove informazioni. Il film – prodotto dalla RAI, basato sul libro di Paolo Cucchiarelli – é secondo me molto ben fatto, un buon equilibrio tra le varie ipotesi che sono state sviluppate in oltre 40 anni di ricerche. É ottima l’idea di non far vedere come sia morto Pinelli, ma fanno uscire Calabresi dalla stanza, basandolo sulla versione ufficiale e ignorando completamente i ripensamenti dei colleghi di Calabresi e il testimone che si trovava nel corridoio e non ha visto passare il commissario.

Consiglio comunque di vederlo per ripassare un po’ di storia o scoprire una pagina nera della storia d’Italia. Inoltre l’interpretazione di Favino é stata fantastica.

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